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L'odissea di una Donna tunisina nel romanzo dell'avvocato e scrittore Anis Ezzine

Il romanzo è stato presentato, alla presenza dell'autore, durante la Mostra del Libro di Macomer

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Un romanzo scritto in dialetto tunisino, ambientato nel periodo della Primavera Araba e tratto da una storia realmente accaduta: “El Finga”, questo il titolo dell'opera, è stato presentato nell'ambito della Mostra Regionale del Libro di Macomer dal suo autore, l'avvocato, poeta e romanziere Anis Ezzine
La presenza “fisica” dell'avvocato e scrittore tunisino ha creato una linea di continuità con l'incontro svoltosi, sempre a Macomer, nel novembre scorso, quando l'ospite d'eccezione fu l'avvocato Abdelaziz Essid, componente del “Quartetto per il Dialogo Tunisino” insignito del Premio Nobel per la Pace 2015, al quale il Comune di Macomer ha voluto assegnare la cittadinanza onoraria. 
Una continuità che dice molto sulla necessità della Tunisia di raccontarsi fuori dai suoi confini e che sembra rispondere ad una esigenza precisa: quella di aprire un dialogo internazionale e di farsi promotori di un messaggio di speranza, giustizia e di democrazia
Se l'avvocatura tunisina ha dato un contributo fondamentale nell'ambito della Rivoluzione dei Gelsomini, ponendosi in modo deciso al fianco della popolazione che si ribellava al regime di Ben Ali, scendendo in piazza per fare da scudo tra le forze di polizia e i manifestanti e giocando successivamente un ruolo importante nel travagliato passaggio verso una democrazia pluralista, oggi è, con la stessa incisività, protagonista di un'intensa attività di sensibilizzazione
Il filo diretto tra la Sardegna e la Tunisia è rappresentato dall'Ordine degli Avvocati di Oristano che, attraverso la sua Presidente Donatella Pau, intervenuta a Macomer per presentare l'avvocato-scrittore, ha voluto ricordare il ruolo essenziale ed anche i grandi sacrifici compiuti dai colleghi per la causa della democrazia.
Il romanzo di Anis Ezzine ci porta dentro una dimensione terribile ripercorrendo le vicissitudini di una giovane donna tunisina che, all'età di 16 anni, prima della rivoluzione del 2011, viene obbligata a sposare un terrorista di 50 anni. Un evento, questo, che segna l'inizio di una vera e propria odissea: portata dal marito in Libia, viene abbandonata e lasciata alla mercé di un gruppo di terroristi. Violentata per più di cento volte, riesce a scappare grazie ad un terrorista che, innamoratosi di lei, decide di portarla a Malta e di aprire un conto corrente bancario nel quale versa un'enorme somma di denaro. L'uomo verrà però ucciso e la donna si ritroverà sola e con una ricchezza inaspettata. Tornata nella sua terra, dove nel frattempo era caduto il regime, la donna verrà però arrestata per riciclaggio. 
«Il libro – spiega il suo autore - racconta le difficoltà reali che vivono le persone dopo la Rivoluzione dei Gelsomini. Parla sì di terrorismo, ma anche della libertà e della democrazia conquistate grazie alla rivoluzione».
 Come sta oggi la protagonista del libro?  
«Oggi si trova Europa – racconta l'avvocato - le sono rimasti moltissimi soldi e questo le ha consentito di scappare in Spagna, dove vive da rifugiata politica. È una donna bellissima – aggiunge – somiglia alla vostra Monica Bellucci».  
C'è un messaggio che lei vuole mandare attraverso il racconto della storia di questa donna?
«La situazione oggi in Tunisia è sicuramente migliorata rispetto al periodo del regime. Nonostante ci sia stata la rivoluzione, permangono però ancora gravi problemi e occorre ancora lavorare per costruire le condizioni di uno sviluppo possibile».
I diritti delle donne: la Tunisia ha una visione moderna che si scosta rispetto a quella del mondo arabo. 
«Certo, è il primo paese arabo dove si parla di libertà della donna e di libertà religiosa. Nel 1956 abbiamo ottenuto l'indipendenza dalla Francia, nel 1957 ci siamo dotati di un codice in cui vengono stabiliti i diritti degli uomini e delle donne e sono gli stessi. In Tunisia è proibita la poligamia e la donna può chiedere il divorzio. Il cammino è ancora lungo ovviamente, ma molti passi avanti sono stati fatti». 
Il suo libro è scritto in dialetto tunisino: è una scelta usuale?
«In realtà si tratta del primo romanzo scritto in dialetto tunisino ed infatti tutti gli editori si sono rifiutati di pubblicarlo e ho dovuto farlo a mie spese. Pensavano che non si vendesse, invece il romanzo ha avuto un grande successo ed ora, che sto finendo di scrivere un altro romanzo sempre in dialetto, sono gli editori che vengono a cercarmi per poterlo pubblicare».  
Esiste un problema con l'utilizzo del dialetto scritto?
«Fino a ieri sia il governo che l'intera società chiedevano l'utilizzo della lingua araba. Scrivere in dialetto è oggettivamente più difficile che scrivere in lingua araba. Per esempio, è molto difficile tradurre i sentimenti di amore, di dolore e dei sentimenti in generale». 
Solo una questione linguistica, della difficoltà di esprimere concetti particolare, o anche una questione politica?
«Ci sono anche motivazioni politiche. C'è sicuramente una certa resistenza, si preferisce che si utilizzi l'arabo nella scrittura. Io comunque non ho fatto in questo senso una scelta di tipo politico, ma piuttosto di rottura rispetto alla tradizione». 

 

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