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Bolotana. Progettando la collina dei rifiuti, tra amianto, fanghi, Tossilo e la materia extra-regionale: il piano per il raddoppio della discarica di Coronas Bentosas

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BOLOTANA. Nuove tipologie di rifiuto, il superamento del limite di conferimento regionale per poter accogliere rifiuti da oltremare, uno sguardo interessato puntato verso il nuovo inceneritore di Tossilo, la previsione di un incremento netto del business dello smaltimento, la presunzione di essere essenziali in caso di eventi emergenziali per il territorio locale e regionale e, ovviamente e soprattutto, l'interesse economico dell'impresa.

C'è davvero di tutto dentro la corposa documentazione depositata dalla società Barbagia Ambiente al Servizio di Valutazione Ambientale (SVA) per ottenere l'autorizzazione all'ampliamento della discarica di rifiuti speciali di Coronas Bentosas, realizzata 17 anni fa nella piana di Bolotana e che ora, per festeggiare la maggiore età, sembra voler alzare la posta e tentare un clamoroso raddoppio delle volumetrie che serviranno per sotterrare ancora per anni tonnellate e tonnellate di rifiuti di ogni genere.

È questa l'inaspettata sorpresa di Ferragosto servita fredda al tavolo dei bolotanesi e del territorio, venuta fuori per puro caso, e come vedremo in un secondo momento anche fuori tempo massimo per consentire ai cittadini le azioni previste dalla procedura, con la comunicazione resa non proprio spontaneamente dalla Sindaca di Bolotana Annalisa Motzo a seguito di una domanda sulle attività della discarica (precisamente sulla comparsa di nuovi cumuli di polvere nera all'interno del sito) posta dalla Consigliera di minoranza Antonella Pisanu nell'assemblea civica del 5 Agosto.

A Coronas Bentosas erano già ben 200mila i metri cubi a disposizione, da riempire di materiali e sostanze tra le più svariate (inseriamo l'elenco, aggiornato con le varie integrazioni), con in tasca l'autorizzazione allo smaltimento per interramento di rifiuti speciali compreso l'Amianto. Ora che gli spazi della cava sono in via di esaurimento, si chiede di avere a disposizione altri 252mila m³, più del doppio di quelli iniziali (per un totale di 452mila m³), da ricavare attraverso la sopraelevazione della discarica stessa abbancando rifiuti fino ad ottenere una collina.

Dal 2004, anno di apertura del sito, al 2018, a Coronas Bentosas sono state conferite 236.725 tonnellate di rifiuti, occupando una volumetria di circa 139.250 metri cubi (al settembre 2019, quando è stata predisposta la documentazione per la richiesta di raddoppio, restavano da utilizzare ancora 60mila m³).

Tonnellate di rifiuti che sono ancora tutte lì, sotterrate all'interno delle grandi vasche, due delle quali ormai giunte ad esaurimento. Tutte lì, le tonnellate di rifiuti, tranne quelle bruciate nel grande incendio scoppiato all'interno del sito il 30 Luglio del 2017 e che ha interessato la vasca n.3, nella quale erano stati stoccati rifiuti plastici, rifiuti organici, materiali isolanti, legno, plastica, gomma, materiali da costruzione e altri rifiuti misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti.

Quanto materiale sia andato in fumo non è dato saperlo: quel che sappiamo è che il rogo fu avvistato nel pomeriggio di quella funesta domenica estiva e spento con non poca difficoltà solo verso le 2 del mattino successivo.

Sono trascorsi tre anni da quel rogo e solo ora possiamo focalizzare con certezza assoluta un elemento essenziale: la discarica di Coronas Bentosas non è provvista di un impianto antincendio.

L'impianto antincendio presente interessa esclusivamente l'impianto di condizionamento fanghi e non la discarica, in cui non vengono smaltiti rifiuti potenzialmente infiammabili” - si legge alla pagina 53/151 della Relazione descrittiva del progetto di ampliamento - Qualora si sviluppasse un incendio all'interno della discarica (evento assai improbabile vista la tipologia di rifiuti abbancati) – si legge ancora a pagina 137 - nella zona prossima dell'impianto sono comunque presenti cumuli di materiale terroso proveniente dagli scavi pregressi, che può essere utilizzato per soffocare l'incendio”.

Una annotazione davvero sorprendente, non solo per il fatto che sia la stessa società a far mettere nero su bianco l'assenza di un impianto antincendio al servizio di una discarica autorizzata allo smaltimento delle più svariate tipologie di rifiuto, ma anche e soprattutto per il fatto che si classifichi come “improbabile” un evento che in realtà si è materialmente verificato solo 3 anni fa con un terribile rogo che appestò la piana per 8/10 ore dominandola con un denso fumo nero, del quale ancora oggi non sappiamo se le autorità competenti abbiano vagliato o meno gli elementi potenzialmente tossici, come per esempio la dispersione nell'aria e il deposito sul terreno della temuta Diossina.

Ma torniamo alla presentazione del progetto di ampliamento sottoposto a Valutazione d'impatto ambientale: il plico documentale è una narrazione avvincente che offre a più riprese una descrizione del sito come il luogo perfetto per lo smaltimento dei rifiuti. Manca solo la dicitura “vocazione del territorio”, per il resto il quadro è completo.

Non ci sono criticità né controindicazioni (e men che meno vengono menzionate le numerose Diffide incassate negli anni per le irregolarità riscontrate nella gestione) per nessuno dei numerosi aspetti analizzati, dal possibile inquinamento delle acque agli effetti su aria, suolo e sottosuolo, fauna ed ecosistemi e neppure per le attività produttive presenti in loco, nonostante nell'analisi oggettiva che fotografa l'area vasta (ossia quella compresa nel raggio di 2 km dalla discarica) si annoti pacificamente la destinazione prevalente dell'uso del territorio: quella caratterizzata da aree agro-pastorali destinate per lo più a produzioni agricole estensive (seminativi e pascoli), che sono il 66,35% del totale, a fronte di una presenza di insediamenti industriali ed infrastrutture che si ferma al 23,86%.

Nello specifico, rispetto alla catena agro-alimentare, si legge che “quantunque siano note situazioni di contaminazione puntuale delle matrici suolo, sottosuolo ed acqua, non risulta evidenza di ricadute di criticità a carico della catena agro-alimentare, sia riconducibili alle predette situazioni di contaminazione, sia ad altre cause. Pertanto, la componente può considerarsi indenne da criticità”.

L'impatto del progetto di raddoppio della discarica è considerato dai proponenti praticamente irrilevante ed anzi, la sua attività viene prospettata come un valore aggiunto nel territorio: le nuove volumetrie per interrare rifiuti sarebbero disponibili sia per accogliere quelli provenienti dalle presunte bonifiche che starebbero per partire nell'area industriale di Ottana (e che, se il progetto non venisse autorizzato, potrebbero addirittura rivelarsi “impossibili”) sia, in caso di necessità, per gli smaltimenti emergenziali dovuti ad alluvioni o incidenti ambientali e, perché no, scacco matto, potrebbero anche sopperire, ovviamente con costi molto più vantaggiosi rispetto alle alternative, alle necessità di smaltimento dei rifiuti prodotti dal prossimo avviamento dell'inceneritore di Tossilo (che per ora però sarebbero destinati a Chilivani).

E poi, da non sottovalutare, ci sono i fanghi di depurazione delle acque, di cui si prevede “un progressivo incremento dei conferimenti, conseguente alle sempre più stringenti norme che ne disciplinano lo spandimento in agricoltura”.

Insomma, l'ampliamento farebbe fronte “ad un'esigenza del territorio verificata”, ridurrebbe persino i rischi d'incendio connessi alla movimentazione dei rifiuti e farebbe addirittura da stimolo per la bonifica delle aree ex produttive che altrimenti potrebbero correre il rischio di esser solo messe in sicurezza e abbandonate (come mai questo non sia avvenuto in questi 17 anni di attività della discarica, tra l'altro sorta proprio in relazione alle attività industriali della Piana, non viene invece spiegato).

Il progetto presentato dalla Barbagia Ambiente prevede anche di ampliare la gamma dei rifiuti da accogliere: tra questi, terre, rocce, pietrisco contenenti sostanze pericolose, rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e i fanghi contenenti sostanze pericolose provenienti da bonifiche del terreno o della acque di falda.

Il passaggio ancora più insidioso è però un altro: la possibilità di poter smaltire (richiesta nel rinnovo AIA a settembre 2019) anche rifiuti di provenienza extra-regionale. Un particolare non certo di poco conto, se si considera che Coronas Bentosas fu in origine autorizzata alle attività con una limitazione sul bacino di conferimento che non poteva superare il raggio di 50 km. Un limite che venne meno nel 2008, quando la Regione Sardegna estese il bacino all'intero territorio regionale in concomitanza con il gran movimento innescatosi con la preparazione del G8 previsto a La Maddalena (e poi spostato a L'Aquila), dove si erano avviate le bonifiche dell'ex arsenale militare e non mancavano certo i materiali da smaltire.

Se nel 2008 l'estensione del bacino di conferimento fu motivato con il sempre in auge “interesse generale”, questa volta la società Barbagia Ambiente cala la carta della sostenibilità della propria attività: l'investimento proposto è stimato complessivamente in 3.938.408 di euro, mentre il ricavo medio annuo è stimato in 4.590.000 euro con l'abbancamento di rifiuti per non meno di 40/50mila metri cubi all'anno e il mantenimento dell'attuale numero di dipendenti impiegati (4 unità).

I rifiuti non sardi, nell'eventualità che non bastino quelli del mercato regionale, servono per “raggiungere almeno il quantitativo annuo necessario per perseguire gli obiettivi economici” prefissati.

Ritenendo dannoso e limitante quel vincolo imposto sul bacino regionale, le argomentazioni proposte non lasciano spazi interpretativi rispetto all'obiettivo da raggiungere e alla strada che si intende perseguire: “giova ricordare – si legge a pagina 32/335 della Sintesi non tecnica del progetto – che lo smaltimento di rifiuti speciali di produzione extra-regionale, per giurisprudenza ormai consolidata, è consentito ed ogni vincolo/limitazione in tal senso deve ritenersi illegittimo”.

D'altronde, come è ben esplicitato nello slogan della Barbagia Ambiente, “la materia è sostanza”, e se non è disponibile in loco, meglio organizzarsi.

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