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L'Ottana Nazionale

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C'è un gran via vai in queste settimane ad Ottana, centro emblematico di quella Sardegna sfiancata da una crisi talmente strutturale da essere praticamente endemica, quasi facente parte ormai di un Dna che, probabilmente, ha subito anche una irreversibile mutazione genetica.

Tornata sorprendentemente in primo piano nelle ultime settimane dopo anni di silenzio generalizzato, la Piana desolata di Ottana-Bolotana è il terreno arido dal quale oggi la politica sembrerebbe voler ripartire in quella che si prospetta come una lunga corsa verso le prossime elezioni regionali: una scelta sicuramente ardita, va detto, perché l'attuale condizione di stallo post-industriale, nel quale si fondono in un inestricabile abbraccio mortale la dilagante disoccupazione e gli immani problemi ambientali e sanitari che stanno mietendo vittime come in guerra, non è certo ciò che resta di una catastrofe naturale imprevedibile.

Ha piuttosto, la situazione attuale, un carattere innegabile che emerge con la forza devastante dei fatti e della storia: quello che chiama in causa le responsabilità di un'intera classe dirigente che ha determinato, con le sue scelte, le sue visioni e i suoi interessi, l'oggi che è sotto gli occhi di tutti.

Non solo politici, ma anche tutte le rappresentanze che hanno in questi anni operato su quel terreno spremuto fino alla sua completa essicazione. Non solo livelli nazionali, ma anche regionali, provinciali, locali e localissimi. Tutti attori che, ciascuno per la propria parte, hanno agito su una stessa scena determinandone la sorte.

Chi può dirsi estraneo rispetto al disastro perpetrato nella Cattedrale nel Deserto? Dal primo Piano di Rinascita fino al Contratto d'Area e fino ad oggi, chi può vantare una presunta verginità?

A cercare colpevoli non si trovano soluzioni” - ha detto Venerdì Paolo Maninchedda rispondendo a Mario Denti, cittadino di Ottana che ha sollevato il problema dell'inquinamento nell'area industriale durante il partecipato incontro organizzato dal Partito dei Sardi per riaprire il Caso Ottana ed insieme il Caso Sardegna.

Bisogna essere severi con la verità - ha però scritto lo stesso Maninchedda lo scorso 2 Marzo sul suo blog - alle prossime elezioni sarde del 2019 io non vorrei dire una sola parola falsa. Governare, che è poi la grande rivoluzione di cui la Sardegna ha bisogno, richiede un vero e profondo patto tra chi governa e chi è governato, da cui vanno bandite le furbizie, le manipolazioni, le propagande”.

Un concetto, quello espresso dall'ex Assessore meno di 2 mesi fa, che sembra stridere un po' con la risposta secca data al cittadino ottanese, che forse proprio a quel diritto alla verità e a quel patto leale tra chi governa e chi è governato si voleva appellare.

Ad intervenire sullo stesso tema durante l'evento “Mai più divisi” ed a sottolineare l'urgenza del ripristino della verità, è stato anche il Presidente dell'Anci Sardegna Emiliano Deiana: “ribalto il titolo dell'incontro – ha detto – perché uniti? Per fare le stesse cose di ieri? Per dire le stesse cose di avantieri? Per tapparci gli occhi come 15 anni fa? Per rimetterci le fettine davanti agli occhi quando i "capitani coraggiosi" continueranno ad avvelenare la terra e gli uomini? Per non vedere le morti da amianto? Per non far valere - ancora - il principio che chi inquina e chi ha inquinato paga le bonifiche? Prima dei poteri da chiedere allo Stato, prima dei soldi da chiedere allo Stato – ha insistito Deiana - ci vuole uno sforzo di verità: sugli inquinamenti prima di tutto e sulle morti per amianto. Ma anche su come è stata stravolta la Rinascita e su come, nella parte agricola e agroindustriale, non sia stata attuata”.

Su ciò che è accaduto ad Ottana negli ultimi decenni (o in quest'ultimo in particolare), Paolo Maninchedda invece ha preferito non soffermarsi troppo, se è vero che il suo appassionato intervento si è strutturato piuttosto su una visione d'insieme sul domani, sul bisogno di unire il popolo per sollevare la questione politica della Sardegna ed attuare quella rivoluzione civile necessaria per sottrarre l'Isola dal giogo di uno Stato che ne frena lo sviluppo.

La proiezione dell'esponente macomerese sul futuro imminente è l'apertura di una Costituente, è la Questione Nazionale della Sardegna, è il percorso che deve portare alla costruzione di uno Stato Sardo che eserciti quei poteri veri che oggi gli sono negati e, in questo quadro di prospettiva, le vicende specifiche che hanno dato vita nel complesso al Caso Ottana sembrano purtroppo sbiadirsi inevitabilmente e perdere il loro peso.

La settimana precedente la stessa grande sala di Funtana 'e Donne ad Ottana aveva ospitato il convegno organizzato dall'Associazione Esposti Amianto e dalla Cgil: ospite di spicco dell'incontro Maurizio Landini, ex segretario nazionale della Fiom in odore di candidatura per la guida della Cgil, il quale ha dichiarato che la battaglia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori di Ottana deve diventare un caso nazionale e che il sindacato farà la sua parte per sostenere la vertenza.

In questo caso, il problema specifico costringe a riavvolgere il nastro della storia e tornare indietro nel tempo, all'amianto che i lavoratori della grande industria hanno respirato per anni, alle sostanze nocive maneggiate senza protezione, alle mancate bonifiche di grandi gruppi come Eni e Montefibre e ai troppi veleni lasciati in eredità al territorio.

Insomma, il sindacato è finalmente rinvenuto e ha sposato la causa di chi del lavoro di decenni fa nella Piana di Ottana è morto, sta morendo o morirà.

Ad entrambe le manifestazioni, quella dell'Aiea - Cgil e quella del Partito dei Sardi, hanno partecipato centinaia di persone: due popoli forse diversi, ma che guardano sicuramente allo stesso identico deserto con la speranza di scovarvi un'oasi dalla quale ripartire.

Se da una parte vi sono in particolare gli ex operai dell'area industriale, molti dei quali alle prese con malattie che l'Inps non riconosce come professionali, dall'altra vi è un popolo variegato fatto di amministratori, lavoratori ed ex, sindacati ed imprenditori che ascoltano con interesse quella visione a lungo termine proiettata dal filologo macomerese, il quale delinea il percorso per costruire uno Stato Sardo ponendo anzitutto la questione del Potere come spartiacque tra una rinascita vera ed un salvataggio effimero.

Non vogliamo più i soldi senza il potere – ha scandito più volte Paolo Maninchedda – perché senza i poteri sul fisco, sulle tariffe e sui trasporti, non possiamo fare niente. Il rilancio di Ottana non può passare da un tavolo a Roma, abbiamo bisogno di un popolo sardo compatto e unito che ponga la questione dei suoi interessi nazionali”.

Mai più divisi” era lo slogan dell'incontro organizzato dai Sovranisti, “Oltre l'Amianto, salute e progresso sono possibili” quello dell'Aiea: due temi enormi, entrambi essenziali. Cammineranno su strade diverse, magari parallele, senza incontrarsi mai, oppure s'innesteranno per completarsi a vicenda ridisegnando un quadro più vicino possibile alla complessità che caratterizza, nel suo piccolo “Nazionale”, la realtà della Media Valle del Tirso?

Nel mezzo, tra chi rivendica i diritti negati dopo 40 anni di industria chimica pesante e chi lavora per costruire una nuova Sardegna sovrana, c'è un intero territorio e i suoi abitanti, troppo spesso solo semplici spettatori di ciò che è accaduto e che tutt'ora accade in casa loro.

Ci sono i giovani, sempre più rari per la verità, che vorrebbero avere un futuro in questa terra, ci sono gli ex lavoratori dell'ultima truffa perpetrata in questi 20 anni e quelli restati a casa negli ultimi 4 con la gestione di Paolo Clivati, ci sono i pastori, gli operatori commerciali, culturali, i dipendenti, i disoccupati, i poveri.

C'è un mondo intero: ci sono i cittadini che con l'industrializzazione di Ottana non hanno niente a che fare e che da mezzo secolo ne subiscono comunque, direttamente o indirettamente, gli effetti.

Ci sono coloro che hanno respirato Ottana nel boom della produzione e ci sono coloro che la respirano ancora oggi, saturandosi i polmoni, il sangue e l'esistenza delle sue particelle sconnesse di storie sbagliate, di imbrogli di stato, di lavori sporchi, di soldi rubati, di fumi, scarichi e sotterramenti incontrollati, di accordi inconfessabili, di complicità striscianti, di silenzi determinanti, di sequenze fallimentari che si ripetono sempre uguali a loro stesse.

Gli orizzonti, nella Piana Nazionale, sono quelli oscurati che si materializzano davanti a chi questo territorio lo vive quotidianamente e sa bene che, oltre le retoriche, Ottana è stata spolpata ed avvelenata, che ad oggi lì c'è un'unica azienda che offre lavoro in maniera strutturale e che tutto il resto, compresa l'ultima ingentissima infornata di soldi pubblici del Contratto d'Area, è invisibile agli occhi e pure alla giustizia.

Una grande truffa che brucia, perché chi l'ha gestita ha mandato in fumo la possibilità di aprire un varco e giocarsi una possibilità di sviluppo.

Qualcuno ha forse pagato per quelle decine e decine di milioni rubati al territorio e al suo futuro? Ci saranno dei responsabili o siamo di fronte ancora ad un cataclisma naturale?

Se questo angolo di Centro Sardegna oggi è tornato improvvisamente visibile, addirittura Nazionale, c'è da augurarsi che lo diventi anche la sua storia recente, almeno nella misura in cui si possa evitare il ripetersi delle nefandezze che ne hanno determinato l'attuale situazione, proprio a fronte del fatto che all'orizzonte, guarda un po', sembra esserci proprio una sorta di nuovo piano di investimenti pubblici per l'ennesimo rilancio industriale.

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