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Deposito Nazionale Scorie Radioattive: il Piano d'Azione per ottenere il Consenso della Popolazione

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Diciamoci la verità: il Deposito Nazionale di Scorie Radioattive in casa propria non lo vorrebbe nessuno. Da qualche parte però lo si costruirà di certo e, anche se i tempi sembrano allungarsi ogni qual volta ci si avvicina alle scadenze prefissate (basti pensare che le azioni per la localizzazione del sito idoneo al Deposito sono state avviate nel Febbraio del 2008), prima o poi arriverà il momento fatidico che getterà un poco di luce nel buio intenso di questi anni, ossia la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, documento consegnato due anni e mezzo fa all'ISPRA ma restato fino ad oggi segretissimo.

Con l'individuazione dei siti idonei ci sarà, con molta probabilità, anche la rivolta delle popolazioni interessate: prevedibile e già previsto si potrebbe dire, tanto che esiste un documento che contiene un piano di strategie da mettere in campo dall'emblematico titolo “Linee Guida per la definizione di un piano d'azione per informare, coinvolgere e ottenere il consenso del pubblico”.

Un documento tutto da leggere (lo alleghiamo integralmente) che mette nero su bianco le strategie da seguire per raggiungere il risultato più importante: convincere i cittadini residenti nei siti prescelti che il Deposito Radioattivo è sicuro, pulito e, fondamentalmente, una grande ed imperdibile opportunità.

Se guadagnare la fiducia del pubblico è determinante per l'esito della partita, il Piano d'Azione redatto da Enea (Ente Nazionale per le Tecnologie e l'Energia) nel 2009 per ottenere il consenso individua come prioritario l'identificazione degli “stakeholders, che altro non sono che i diversi gruppi d'interesse presenti in loco: gli abitanti del sito prescelto, i movimenti e i gruppi di pressione, le autorità politiche locali e quelle centrali, l'opinione pubblica e i media.

Il loro coinvolgimento attivo sarà determinante per l'approvazione del progetto, quindi gli stakeholders devono ritenere “di poter avere una qualche influenza sulla decisione chiave. Utilissimo, per esempio, “prendere appunti” durante gli incontri ed integrare gli aspetti sociali a quelli tecnico-scientifici.

Se ovviamente ci sono delle “Paure da Rimuovere”, legate alla salute pubblica, alla protezione dell'ambiente e alla sicurezza, il Piano indica esplicitamente le “Certezze da Fornire”: una informazione tecnica di base sulla produzione di energia da fonte nucleare e sulla sicurezza degli impianti che, scrivono gli estensori del Piano, “ha prodotto meno danni del carbone”; rispetto al Deposito invece, occorre sottolineare che impianti simili sono già attivi in diversi Paesi Europei, che la tecnologia a disposizione è “consolidata e affidabile”e che, fatto da non trascurare, le comunità interessate possono ricevere importanti riconoscimenti in termini di “agevolazioni tariffarie.

Insomma, il Deposito è sicuro, affidabile, crea posti di lavoro ( 1.500 per i primi 4 anni e 700 “fissi”) e se lo si accetta si pagano anche meno tasse: cosa si può volere di più? Beh, la magnanimità è estrema, quindi al pacchetto si aggiunge un fantastico Parco Tecnologico con “laboratori avanzati” che creeranno un vantaggio per il territorio sia per le ricadute occupazionali che per l'avanzamento tecnologico.

Poi c'è da superare quell'incomprensibile sentimento di sfiducia verso lo Stato da parte dei cittadini: sarà fondamentale convincerli che lo smaltimento dei Rifiuti Radioattivi presso il Deposito è assolutamente rispettoso del contesto ambientale, culturale e storico del paese e che, soprattutto, è realizzato nel rispetto della Legge.

Il pubblico deve essere coinvolto nella discussione e deve essere ascoltato: è meglio prendere tutto il tempo necessario per il suo coinvolgimento, anche a rischio di far saltare qualche scadenza.

Un ruolo fondamentale è assegnato ai “comitati locali di informazione e monitoraggio”, da istituire e mantenere per tutta la durata del processo, presieduti possibilmente da Professori Universitari e aperti, oltre che ai cittadini, ai sindacati, ai partiti e alle ONG.

Siccome i Mass Media potrebbero fornire informazioni e pareri che contrastano con le “informazioni ufficiali, magari avvalorati anche da esperti alternativi, è necessario instaurare con loro un “rapporto amichevole, anche se, si legge nel documento, “il pubblico sembra percepire gli intermediari dell'informazione come possibili mercenari” ed quindi utile anche la comunicazione diretta.

E poi una pianificata serie di meeting, seminari, interviste pubbliche, giornate informative aperte al contraddittorio, discussioni nelle scuole, siti web “di facile utilizzo”, diffusione di materiale informativo attraverso DVD e pubblicazioni senza troppi dettagli tecnici e pacchetti informativi specifici per i Media.

Un “bombardamento” di informazioni e di pratiche atte al convincimento che deve portare la popolazione locale a considerare il Progetto del Deposito non come imposto dall'alto, ma come “il proprio progetto: allacciate le cinture, perché questa è una parte di ciò che vedremo concretizzarsi ed attuarsi in quei siti inseriti nella ormai famosa e temutissima “Carta delle Aree Potenzialmente Idonee”.


 

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