Partecipa a IlMarghine.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Martina Tanchis e il suo “Solstizio” sul Podio del Concorso Letterario Divergenze. Su IlMarghine.net il testo della scrittrice Bolotanese

Condividi su:

 

Con il racconto “Solstizio” si è aggiudicata il 2° posto del Concorso Letterario per giovani scrittori “Divergenze”, le cui premiazioni si sono tenute ad Ollolai la scorsa settimana: lei è Martina Tanchis, giovanissima scrittrice di Bolotana che, a distanza di pochi mesi dal precedente riconoscimento nazionale nell'ambito del Concorso Letterario Colloqui Fiorentini , incassa un altro autorevole risultato confermando di possedere il dono prezioso della scrittura e una predisposizione naturale alla narrazione.

La forma è quella del racconto breve, dentro il quale Martina è riuscita a condensare leggenda e magia, dando vita ad una favola di ampio respiro che, ignorando i confini tra realtà ed allucinazione, conduce dentro uno spazio altro nel quale creazione e umanità muovono passi “universali” verso una luce colma di significati.

Nella scrittura matura e consapevole, Martina plasma con agilità un fluttuare narrativo che, sgorgando dalla penna di una 17enne, proietta nel futuro una vera speranza letteraria: se è nata una Stella, forse non è solo quella del racconto.

Con grande piacere ospitiamo di seguito, in esclusiva, il testo “Solstizio” di Martina Tanchis:

 

Sedeva sull'ultimo polveroso gradino di quella vecchia scalinata che dava al cimitero. Quella notte di metà dicembre il tempo era particolarmente clemente: il cielo era completamente sgombro da nuvole e nonostante le luci dei lampioni della cittadina riusciva a vedere bene le stelle. Sin da piccola si divertiva a unirle e creava le forme più disparate, inventando le sue personali costellazioni, era come se dopo tutti quegli anni le stelle fossero diventate le sue amiche più intime, le giudicava superiori agli umani sotto tutti gli aspetti; la affascinava soprattutto la loro immortalità, il loro essere permanenti nonostante gli eventi. Avendo studiato i rudimenti dell'astronomia sapeva benissimo che ciò non era vero e che anche i corpi celesti, come gli esseri umani, non vivevano in eterno, potevano volerci milioni, miliardi di anni, ma alla fine anch'essi morivano, lasciando un vuoto, un enorme nulla, nell'infinità dell'Universo. Ma nonostante questo, quelle piccole luci che rischiaravano il buio della notte continuavano a sembrarle tanto più grandi e degne di tutto ciò che la circondava. Sua nonna, con cui aveva passato la gran parte della sua vita, soleva raccontarle una vecchissima leggenda, che affondava le sue radici in tempi ben più remoti di quanto la storia possa ricordare:
"in questi tempi ormai dimenticati, gli uomini erano ben diversi da quelli di oggi, più forti e saggi, e in stretto contatto con la natura che li circondava, ma soprattutto vivevano fianco a fianco con le grandi divinità creatrici, che nulla avevano a che fare con i falsi dei che gli uomini hanno creato nel corso del tempo. Le due comunità, gli uomini e gli dei vivevano nel rispetto e nell'amore reciproco e per la natura. Gli umani però, più deboli e spaventati, soffrivano la notte a causa del buio pesto che avvolgeva i loro villaggi. I fuochi e le lanterne non bastavano a vedere chiaramente così da potersi difendere dalle belve selvatiche e essi avevano sempre più difficoltà a sopravvivere. Un giorno, il capo del villaggio più potente, un vecchio molto saggio e stimato da tutti i suoi sudditi, si recò nel vicino palazzo degli dei per chiedere loro un aiuto per illuminare la notte. Il loro re, molto più vecchio e saggio di lui, poiché aveva creato e amava più di ogni cosa la razza umana, decise di dar loro quello che volevano, così, unendo il proprio potere a quello degli altri illustri dei, creò nel cielo la Luna e le Stelle per illuminare la notte oscura agli uomini buoni. Ma un atto di amore così grande e potente richiedeva un grande dispendio di energia, così le belle e sagge divinità si disintegrarono nello spazio, diventando stelle anch'esse, e gli uomini pian piano dimenticarono loro e quello che avevano fatto per la loro razza, divenendo sempre più egoisti, subdoli e invidiosi e distaccandosi progressivamente dalla natura, cercando di domarla a loro piacimento. Ma gli dei, buoni e pazienti, continuarono ad amarli dalle profondità dell'Universo e a rischiarare le loro notti oscure. Pare che, ogni anno, in una notte particolare, essi si affaccino nuovamente sulla Terra, per riportare a sé le anime dei loro amati figli defunti e da ogni tomba, ogni tumulo, ogni urna, si leva lo spirito dei morti, che sale fino alle profondità più oscure del cielo per diventare una nuova stella."
Per lei era sempre stata solo una bella storia, ma sua nonna ci credeva davvero e, prima di spirare, alcuni mesi prima, le aveva chiesto di recarsi ogni notte per un anno al cimitero in modo da essere presente al momento dell'ascesa e darle un ultimo, definitivo, saluto. E così aveva fatto, ogni notte, per tutta la notte, con qualsiasi temperatura, era andata e si era seduta in quelle sporche scaline, attendendo tutta la nottata un evento che sapeva non sarebbe mai accaduto.
Erano già le tre del mattino e la Luna era alta nel cielo, non vedeva l'ora che il Sole sorgesse per poter tornare a casa e dormire almeno qualche ora prima di andare a lavorare.
Stava giusto pensando a quanto fosse stupida a starsene lì ad aspettare chissà cosa, alle tre del mattino del vent'uno dicembre, quando si alzò un vento fortissimo, frusciando e sibilando tra le fronde spoglie degli alberi; una luce quasi accecante apparve proprio davanti a lei e pareva formare una sagoma di donna dai lunghi capelli lucenti, alta quasi tre metri. La bocca le si spalancò per la meraviglia, quando questa spalancò le grandi braccia e, come una madre amorevole che abbraccia i suoi bambini, accolse le anime che si levavano dai tumuli proprio sotto di lei. Il miracolo di cui l'anziana nonna aveva farneticato per anni si stava compiendo finalmente, e proprio sotto i suoi occhi. Allora la vide, sollevarsi dalla sua tomba come tutti gli altri defunti, e fluttuare beata tra le braccia della grande dea che ora sorrideva amorevolmente. Anche lei si sentiva attratta da quell'essere etereo, era ciò che di più bello avrebbe mai potuto vedere in tutta la sua vita, era la pura essenza di una stella, era la vita e la morte insieme e tutto ciò che dava senso ad esse; come avrebbe potuto continuare a vivere sulla misera Terra sapendo che nel cielo esistono creature di tanta sovrumana bellezza? Le lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi, bagnandole il viso candido, lacrime d'amore disperato per quella creatura perfetta. In lei si faceva sempre più grande il desiderio di lanciarsi tra le sue braccia come l'anima di sua nonna, e di sua madre e suo padre prima di lei, e di tutti gli uomini di questa Terra. Allora corse, corse come per fuggire alla morte, mentre invece le andava incontro consapevolmente. Corse e si gettò piangendo tra le braccia della creatura, che la separò per sempre da quel corpo troppo esile e fragile e portò la sua anima lassù, dove aveva sempre sognato di essere, nel mondo delle stelle immortali.

Condividi su:

Seguici su Facebook