MACOMER – Nuova puntata dell'inchiesta condotta attraverso gli incontri pubblici sulla burocrazia dall'Associazione 'Nino Carrus'. Dopo il dibattito con esponenti del mondo politico e sociale, stavolta a raccontare le grottesche vicende dell'ormai famigerata burocrazia italiana sono stati Gian Antonio Stella, giornalista di punta del Corriere della Sera e autore, con Sergio Rizzo, della famosa inchiesta sulla 'Casta' politica, e Anthony Muroni, direttore dell'Unione Sarda.
Più che un dibattito, come ha spiegato il presidente dell'Associazione Fausto Mura, la serata è stata un 'racconto-spettacolo', introdotto dall'intervento video 'surreale' del grande attore Paolo Rossi, e dalle parole di Muroni, che ha parlato di “sindrome del criceto”: “nei due anni da direttore”, ha detto, “ho condotto tante battaglie, ma spesso ci si trova a chiedersi: cosa abbiamo ottenuto?”. Muroni ha quindi affermato che l'Italia è un Paese “psicologicamente portato alla poca chiarezza, e questo ci fa stare indietro sotto tutti i punti di vista”.
“Il declino si intreccia con la burocrazia”, ha fatto eco Stella, che ha cominciato citando l'impressionante mole normativa intorno a L'Aquila: “1109 leggi, decreti e ordinanze emanate dalle più disparate autorità, che hanno reso impossibile per un comune cittadino riuscire a non violarne nessuna, mentre creano terreno fertile per il malaffare”. Stella ha voluto precisare che comunque “ci sono tantissimi impiegati generosi e che fanno benissimo il loro lavoro, ma una parte della burocrazia sembra avere la missione di complicare le cose: perché? Perché in questo modo si vuole manifestare la propria superiorità nei confronti del cittadino”.
Un problema che, ha detto Stella, non riguarda solo l'Italia ma diversi Paesi occidentali, perché come scrisse Max Weber, “lo Stato si sottrae alla visibilità per evitare di sottoporsi allo scrutinio pubblico”. A questo scopo, dice Stella, “i burocrati creano labirinti, per cui un nuovo ministro o assessore appena arrivato con tanta buona volontà si trova di fronte un muro di ostacoli insormontabili che lo fanno desistere”. Ne sono prova, ha raccontato il giornalista, le innumerevoli riforme che dalla fine del 1800 hanno cercato di rendere più efficiente la macchina amministrativa; ma non sempre la politica ha mostrato buona volontà: “Mussolini era entrato in carica licenziando personalmente tutti gli impiegati che sembravano nullafacenti, ma poi ha capito che per il potere aveva bisogno estremo della burocrazia: e così oltre a quella statale gli ha aggiunto quella parastatale e quella del partito fascista, lasciando in eredità alla nostra Repubblica 3 burocrazie pesantissime”. Eredità accolta, in realtà, dai nuovi governanti: “Togliatti, da comunista, scelse nel suo staff lo stesso Gaetano Azzariti, burocrate fascista che era stato anche presidente del Tribunale della Razza e che, nel dopoguerra, divenne perfino presidente della Corte Costituzionale”.
Stella ha affrontato la questione delle cifre, come sempre incredibili e impressionanti: “i dirigenti amministrativi di prima fascia guadagnano 10 volte più di un normale cittadino, e il doppio di quelli francesi, tedeschi e inglesi: uno Stato così non può reggere”. Il problema, ha sottolineato Stella, “non è che abbiamo 'troppi' dipendenti pubblici: la Svezia, per esempio, ne ha il doppio ma è cresciuta dell'8% rispetto al 2014: il problema è che là i dipendenti pubblici creano ricchezza, qua la sottraggono, e costano l'11% del PIL”.
Non è mancata, poi, nell'analisi del giornalista, la questione della lentezza della giustizia: 5,3 milioni i processi civili e 3,5 quelli penali ancora in corso, con una lunghezza media doppia rispetto a quella europea. “In Italia”, ha detto Stella, “qualsiasi sciocchezza finisce in tribunale con processi che durano a volte decenni: aveva fatto bene, invece, la vostra Eleonora d'Arborea, che nella sua Carta de Logu aveva vietato il ricorso alla giustizia dei tribunali per cause 'da meno di 100 soldi'”. La giustizia italiana, ha detto Stella, costa ogni anno 22 miliardi di euro. Non solo una questione morale e fonte di tanti esempi al limite del ridicolo, ma anche un problema economico importante: anche perché è uno dei motivi per cui “l'Italia raccoglie solo lo 0,6% di tutti gli investimenti internazionali nel mondo”. Emblematico il racconto con cui Stella ha concluso la presentazione del suo libro: “una multinazionale voleva aprire a Bassano del Grappa e assumere 400 persone: ma dopo aver valutato la situazione, hanno capito che in Italia ci avrebbero messo 12 anni per impedire a qualcuno di usare i loro brevetti, e hanno rinunciato”.
Una questione simile è stata affrontata in uno degli interventi dal pubblico, quello dell'ingegnere Luciano Virdis: “tutti a parole vogliono eliminare la burocrazia e favorire gli investimenti, poi quando arrivano gli investitori sulle energie rinnovabili si dice che la Sardegna è invasa dagli speculatori: generalizzando tutto si crea confusione, e intanto ci teniamo i disoccupati e la crisi”.
“Effettivamente sulle rinnovabili sono successe cose poco chiare, forse anche per gli incentivi troppo alti”, ha risposto Stella, “sicuramente non si può pensare di mettere pale eoliche ovunque, anche in zone di grande valore culturale e archeologico; ma non condivido neanche l'opposizione a tutti i progetti”. Più calata nella realtà sarda, ovviamente, la risposta di Muroni: “bisogna essere precisi: pale eoliche e pannelli fotovoltaici creano ricchezza solo grazie agli incentivi che paghiamo noi nella bolletta, non creano occupazione, consumano il territorio e producono un surplus di energia senza che nessun piano energetico lo preveda; a Narbolia i terreni sono stati fatti passare per attività agricole mentre le serre servivano solo per il fotovoltaico”.
Una precisazione servita a ricordare che la pubblica amministrazione, al di là delle critiche, ha anche l'importante funzione di garantire il rispetto delle leggi e la concorrenza leale. Ma contro le troppe storture “è necessario un cambiamento: e in questo senso”, ha concluso Gian Antonio Stella, “non ci sono alternative e credo che tanti, anche chi non l'ha votato, stiano facendo il tifo per Renzi”.